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Robot umanoidi: come cambierà la riabilitazione neurologica nel 2025?

Scopri come i robot umanoidi come RoBee stanno rivoluzionando la riabilitazione neurologica, offrendo terapie personalizzate e sollevando importanti questioni etiche.
  • Il San Raffaele Pisana utilizza robot da circa 3 anni.
  • RoBee, alto 1.70 metri, supporta la riabilitazione cognitiva.
  • La Fondazione Santa Lucia sperimenta RoBee su pazienti post-ictus.

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Robot Umanoidi in Corsia: Promesse e Rischi della Rivoluzione Robotica nella Riabilitazione Neurologica. L’Etica è Programmabile?

L’alba della riabilitazione robotizzata: una nuova era per la neurologia

La medicina riabilitativa sta vivendo una trasformazione epocale, sospinta dall’avvento dei robot umanoidi. Questi sofisticati dispositivi, un tempo relegati ai romanzi di fantascienza, stanno varcando le soglie degli ospedali, promettendo di rivoluzionare il trattamento di pazienti affetti da patologie neurologiche. L’obiettivo primario è quello di affiancare, e in alcuni casi sostituire, le terapie tradizionali, offrendo un approccio più preciso, ripetibile e personalizzato.

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Il San Raffaele Pisana, ad esempio, ha introdotto da circa tre anni l’utilizzo di robot nella pratica clinica riabilitativa, concentrandosi sul recupero delle abilità motorie dell’arto superiore e inferiore. Tra i dispositivi impiegati spiccano il MIT MANUS*, sviluppato dal *Massachusetts Institute of Technology*, all’avanguardia nella riabilitazione dell’arto superiore, il *GEO Systems, progettato in Italia e basato sulla tecnologia dell’effettore finale, e Amadeo, dedicato alla rieducazione motoria della mano attraverso esercizi attivi e passivi.
Questi robot offrono vantaggi significativi rispetto alle terapie convenzionali. Innanzitutto, garantiscono una precisione millimetrica nell’esecuzione degli esercizi, adattando l’intensità e la velocità in base alle esigenze specifiche del paziente. In secondo luogo, la loro capacità di operare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, elimina le limitazioni imposte dalla stanchezza umana e dalla disponibilità del personale sanitario. Infine, i robot sono in grado di raccogliere e analizzare una vasta quantità di dati sui progressi del paziente, fornendo informazioni preziose per ottimizzare il trattamento.

La prospettiva di un utilizzo sinergico dei sistemi robotici appare particolarmente promettente. L’integrazione di diversi dispositivi, ciascuno specializzato in una specifica area della riabilitazione, potrebbe consentire di creare protocolli terapeutici completi e personalizzati. A tal fine, il San Raffaele Pisana partecipa al progetto di ricerca SCRIPT, finanziato dalla Comunità Europea, che mira a studiare l’utilizzo di robot di ultima generazione per la riabilitazione di pazienti colpiti da ictus.

RoBee: l’umanoide cognitivo che entra in corsia

Un altro protagonista di questa rivoluzione robotica è RoBee*, un robot umanoide cognitivo sviluppato dall’azienda *Oversonic. Alto 1.70 metri e pesante poco più di 70 kg, RoBee è in grado di orientarsi nello spazio, interagire con le persone e svolgere compiti complessi grazie a un sistema di sensori, telecamere e intelligenza artificiale. La sua forma umanoide, seppur volutamente simile a un robot, è pensata per facilitare la relazione con l’uomo e infondere fiducia nei pazienti.

RoBee non è progettato per imitare in tutto e per tutto l’espressività e la gestualità umana, come altri robot umanoidi, ma piuttosto per svolgere compiti specifici in ambito industriale e sanitario. In quest’ultimo settore, RoBee può essere impiegato sia per la riabilitazione motoria che per quella cognitiva, affiancando neuropsicologi e logopedisti in sessioni individuali.

La sua capacità di interpretare l’ambiente, le emozioni e le reazioni degli umani lo rende particolarmente adatto alla riabilitazione cognitiva. RoBee può essere programmato per somministrare esercizi mirati a migliorare la memoria, l’attenzione, il linguaggio e le funzioni esecutive dei pazienti. Inoltre, la sua presenza può stimolare l’interazione sociale e ridurre il senso di isolamento che spesso affligge le persone con patologie neurologiche.
La Fondazione Santa Lucia sta già sperimentando l’utilizzo di RoBee nella terapia con pazienti affetti da ictus cerebrale. I primi risultati sono promettenti, suggerendo che il robot può contribuire a migliorare le capacità cognitive e motorie dei pazienti, nonché a favorire il loro benessere psicologico. Il progetto prevede tre filoni di ricerca distinti: l’utilizzo del robot nelle sessioni di neuroriabilitazione cognitiva, l’analisi delle dinamiche cerebrali innescate dall’interazione uomo-robot e la sperimentazione delle funzionalità del sistema in reparto.

La sperimentazione al Villa Beretta: verso un futuro di assistenza robotizzata

Anche il Villa Beretta Rehabilitation Research Innovation Institute, centro d’eccellenza per la neuroriabilitazione, ha avviato una sperimentazione con RoBee per valutarne l’efficacia come “personal trainer” nel recupero motorio e cognitivo. L’obiettivo è quello di integrare il robot nello spazio riabilitativo, sfruttando le sue capacità di interazione e di supporto al team riabilitativo.

Il direttore scientifico del VBRRII*, *Franco Molteni*, sottolinea l’importanza dell’evoluzione di RoBee nella gestione dello spazio, nella sicurezza e nelle capacità cognitive. Fabio Puglia, presidente di *Oversonic, evidenzia le capacità cognitive del robot e la sua funzione di esoscheletro esterno, in grado di supportare i pazienti nei movimenti e negli esercizi di deambulazione.

La sperimentazione al Villa Beretta si concentra su tre obiettivi principali: valutare l’impatto dell’interazione con RoBee sull’adesione alle terapie riabilitative e sul benessere psicologico dei pazienti, integrare il robot nelle attività di assistenza quotidiane per ridurre il carico di lavoro del personale sanitario e analizzare la percezione dei caregiver sull’impatto di RoBee sul supporto all’assistito e sull’interazione con il personale medico.

I primi test si concentreranno sullo sviluppo e sulla verifica dell’affidabilità degli algoritmi cognitivi. Entro la fine dell’anno, si prevede di avviare interazioni senza contatto con il paziente, per valutare le reazioni emotive suscitate da RoBee. In seguito, si potrà passare a un’interazione diretta, con il robot che assisterà il paziente negli esercizi di riabilitazione e fornirà supporto emotivo.

Si prevede che RoBee possa svolgere un ruolo di supporto logistico per il personale sanitario, contribuendo alla gestione delle forniture ospedaliere, al monitoraggio dei parametri vitali e all’organizzazione delle attività quotidiane dei pazienti, migliorando così l’efficienza operativa della struttura.

Oltre l’entusiasmo: questioni etiche e prospettive future

L’introduzione dei robot umanoidi nella riabilitazione neurologica apre scenari inediti e promettenti, ma solleva anche importanti questioni etiche che non possono essere ignorate. La dipendenza dalla tecnologia, la perdita di empatia nel rapporto paziente-terapeuta e la protezione dei dati sanitari sono solo alcune delle sfide che la società dovrà affrontare.

È fondamentale garantire che l’utilizzo dei robot sia sempre guidato da principi etici solidi, che mettano al centro la dignità e il benessere del paziente. I robot non devono sostituire completamente il contatto umano, ma piuttosto integrarsi con le terapie tradizionali, offrendo un valore aggiunto in termini di precisione, ripetibilità e personalizzazione.

Inoltre, è necessario regolamentare attentamente la raccolta e l’utilizzo dei dati sanitari raccolti dai robot, garantendo la privacy dei pazienti e prevenendo abusi. La trasparenza e la responsabilità devono essere i pilastri di qualsiasi sistema di riabilitazione robotizzata.

Il futuro della riabilitazione neurologica appare sempre più legato all’intelligenza artificiale e alla robotica. Tuttavia, è importante ricordare che la tecnologia è solo uno strumento, e che il vero progresso dipende dalla capacità di utilizzarla in modo responsabile e consapevole, al servizio del bene comune.

In sintesi, la robotica applicata alla riabilitazione rappresenta un’innovazione dirompente con un potenziale enorme, ma è essenziale approcciarla con un atteggiamento critico e riflessivo, valutando attentamente i benefici e i rischi. Solo in questo modo sarà possibile sfruttare appieno le sue potenzialità, garantendo al contempo la tutela dei diritti e della dignità dei pazienti.

Amici lettori, spero abbiate trovato interessante questo viaggio nel mondo della riabilitazione robotizzata. Vorrei lasciarvi con qualche spunto di riflessione.

Come avrete intuito, alla base del funzionamento di questi robot c’è l’intelligenza artificiale, e in particolare il machine learning. In parole povere, si tratta di algoritmi che permettono ai robot di “imparare” dai dati e migliorare le proprie prestazioni nel tempo. Ma c’è di più.

La ricerca sta esplorando anche l’utilizzo di reti neurali convoluzionali per analizzare le immagini acquisite dai robot e riconoscere le espressioni facciali dei pazienti, al fine di modulare l’interazione in base al loro stato emotivo.

Vi invito a riflettere su questo: la tecnologia può aiutarci a migliorare la qualità della vita, ma è fondamentale che rimanga al servizio dell’uomo e non viceversa. Dobbiamo essere consapevoli dei rischi e delle opportunità, e agire con responsabilità per costruire un futuro in cui la tecnologia sia un alleato prezioso per il nostro benessere.

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Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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